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sabato 16 maggio 2015

Cina: la letteratura serve a darle del tu

“La Cina è vicina!” diceva il film del ’67 ed era tutt'altro che vero: negli anni '60 la Cina "era vicina" come può esserlo un mito, e tale era - la realizzazione dell'utopica uguaglianza universale sognata dai comunisti nostrani. Oggi, nel 2015, la Cina è vicina, ha rinunciato all'aura mitologica di cui da secoli si era vista circondata ed è diventata secolare. L'Occidente ha reagito un po' come i bambini quando scoprono che Babbo Natale non esiste: delusione per il mito perduto e consapevolezza che sono i genitori a recare i doni quindi occorre "tenerseli buoni"; il regalo non perde però il suo fascino. 
La Cina è vicina, quasi familiare visti tutti i corsi di cinese - universitari e non - che spuntano ovunque come funghi e al cui richiamo anche io, a suo tempo, ho risposto. La Cina va conosciuta che sia per curiosità o per una strategia alla Sunzi. Ma le diamo ancora del lei, la guardiamo da dietro un vetro o, fuor di metafora, da dietro le pagine di un saggio o di un video documentaristico. E il timore reverenziale è sempre lì in agguato a generare false credenze e stereotipi. Perché allora non consultare le persone informate sui fatti, perché non rivolgersi agli scrittori?Da quando, negli anni '80, con le riforme di Deng Xiaoping la Cina si è aperta al mondo, anche le preferenze letterarie dell'Occidente sono cambiate: ai (pochi) classici letti o studiati da una ristretta cerchia di specialisti si è affiancata una letteratura moderna e contemporanea, più agevole da leggere, e più interessante in quanto commistione di "cinesità" e internazionalità. Gli scrittori cinesi si sono ritagliati uno spazio sempre più ampio negli scaffali delle librerie merito anche dell'assegnazione, nel 2012, del Premio Nobel per la Letteratura a Mo Yan, che ha dato un'impulso considerevole al processo di sdoganamento della letteratura cinese moderna e contemporanea.Ho citato Heinrich Böll e la sua concezione del ruolo dello scrittore o dell'artista in generale: per un cinese la possibilità di svolgere liberamente questo ruolo è tutt'altro che scontata; per millenni, in Cina, gli scrittori sono stati la penna del potere, lo strumento di quella Storia (con la “s” maiuscola”) in cui non gli veniva riconosciuto alcun ruolo attivo. Per comprendere la Cina è necessario innanzitutto comprendere questo punto fondamentale: da sempre la politica è il Partito ed è il Partito a forgiare la Storia; qualsiasi considerazione in merito alla cultura e all'arte cinese non può, a mio parere, prescindere da questa realtà che, in Cina, si manifesta in modo decisamente più marcato che altrove. In tal modo tutto diviene politica e tutto deriva dalla politica, non vi è movimento artistico, letterario o di pensiero che non nasca come conseguenza o reazione ad un determinato clima politico. La letteratura cinese del '900 si può suddividere in tre periodi: il periodo che ha inizio con il Movimento del 4 Maggio 1919 ( un movimento liberale e democratico nato allo scopo di svecchiare la Cina e renderla una nazione moderna), il periodo maoista (1919-1976) e il post- maoismo (dal 1976 a fine anni '80); tutti e tre i periodi sono periodi storici prima che letterari, in tutti e tre i casi avvenimenti storici e politici hanno determinato, per reazione, la nascita di determinati generi e forme letterarie: la letteratura del 4 Maggio dal carattere riformista, ribelle, proiettata verso la modernità e verso l'Occidente e decisa a distruggere (metaforicamente) l'ormai marcia (sic) tradizione cinese; la letteratura del periodo maoista, espressione del potere dittatoriale, una letteratura scarna e piatta nei contenuti perché priva di soggettività ed espressione dell'adesione ai principi dello zdanovismo mutuato dall'Unione Sovietica; la letteratura degli anni '80 carica di un febbricitante desiderio di esprimere finalmente se stessi dopo un trentennio di regime e che lotta per liberare se stessa. Verso la fine degli anni '70 le istanze libertarie e riformiste del popolo cinese oppresso da trent'anni di maoismo, si esprimono davanti al Muro della Democrazia: nient'altro che un muro all'incrocio Xidan a Pechino al quale vengono affissi decine di dazibao (grandi manifesti a caratteri cubitali) recanti le rivendicazioni di studenti, intellettuali, artisti e letterati, ma anche gente comune; il Muro della Democrazia che dà nome all'omonimo movimento (che durerà solo due anni prima di essere soffocato dalle autorità) segna la nascita di una nuova consapevolezza ed il risveglio delle soggettività sopite che daranno origine a nuove forme letterarie ed artistiche.La letteratura cinese moderna è erede della tradizione letteraria  degli anni '80, gli anni della wenhua re, la febbre culturale, anni in cui come un vulcano a lungo inattivo, la creatività esplode approfittando dei rinnovati margini di libertà. Oggi, nella Cina capitalista ed internazionalista il legame tra politica e letteratura ed arte tende ad affievolirsi seppur non del tutto; resta la forte eredità degli anni '80 e del Movimento del 4 Maggio: l'atteggiamento critico, ora non solo verso il potere, ma anche verso la società e la cultura moderne, l'ossessione per la libertà di espressione (tutt'oggi ancora limitata) e la forte individualità, una reazione agli anni del comunitarismo in cui l'individuo non era più che un numero. Gli scrittori, oggi, rivendicano anche il loro diritto a scrivere di Altro. In un Paese in cui la politica plasma ancora la Storia, in cui persiste una forma di governo ancora fortemente autoritaria, sembra che le arti debbano avere come unico fine quello di opporsi al potere; è lo stesso meccanismo, seppur invertito, che governava il panorama letterario negli anni del maoismo. Emblematica, in questo senso è la vicenda che ha visto protagonista, suo malgrado, Mo Yan: insignito del Nobel lo scrittore venne criticato da Liu Xiaobo e Ai Weiwei - per citare i principali - poiché le sue opere non risultavano apertamente e chiaramente schierate. 


Così per la Cina: la fascinazione per la sua cultura millenaria persiste tutt'ora seppur scalzata dal primo posto da un altro tipo di fascinazione mista ad una sorta di timore reverenziale, quella per il miracolo economico cinese che sta portando la Terra di Mezzo a conquistare il mondo - o quasi.  Personalmente ho sempre preferito il narratore interno a quello onnisciente. Heinrich Böll affermava che lo scrittore è colui che sa osservare la realtà senza gli occhiali rosa dell’illusione o quelli scuri del pessimismo, la osserva ad occhio nudo –un occhio microscopico – riuscendo, lui solo ad interpretarla e raccontarla. Quindi, la letteratura è la risposta. 
La vera libertà di espressione, oggi, è anche liberarsi dalla fardello della politica e dall'assunto - implicitamente dato per scontato - che, in un Paese dominato dalla politica, si debba scrivere tenendone conto, che si debba essere pro o contro, senza zone grigie. In questo blog si parlerà di questi scrittori come degli altri, coloro che sono e sono stati  politicamente schierati, le penne della dissidenza interna cinese. 




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